Ingvar ed Eyrik arrivarono al villaggio
in silenzio. Quello che videro non riuscì a scuotere il loro cuore.
Si muovevano lentamente, in preda a uno strano torpore. Non
riuscivano a realizzare quello che era successo. Staccarsi dalla
realtà era l'unico modo per non impazzire.
Ingvar prese un sorso abbondante da una
fiaschetta di sidro che trovò in terra e continuò ad avanzare
entrando nel suo villaggio.
La mente chiusa in un torpore irreale,
come irreale era il silenzio che li circondava. L'unico rumore
presente proveniva dallo scricchiolio della brina sotto i suoi piedi.
Nessun altro suono. Anche la natura pareva essere morta. Nemmeno un
cinguettio tra i bassi abeti.
Crick, circk, crick. Solamente i passi
scandivano il ritmo del tempo. Con gli occhi sgranati entrambi
guardavano increduli i loro villaggi che sembrava essere stati
investiti dalla rabbia di un vento invernale. Nel giorno di
mezzaestate, una coltre gelata ricopriva tutto. Gli edifici
avevano i tetti sfondati o i muri in legno divelti. Per terra il
sangue si mischiava con il ghiaccio. I cadaveri erano ovunque;
espressioni di terrore e disperazione sul volto avevano segnato i
loro ultimi respiri.
Improvvisamente Eyrik sentì un
lamento. Corse verso una casa semidistrutta e trovò il suo maestro
agonizzante. Il corpo frantumato sotto il peso di una trave.
<<Vulf! Vulf! Sono io, Eyrik,
coraggio, tieni duro, ora sposto questo peso. Ti tiriamo fuori di
qui>>.
Il vecchio, girò la testa verso di
lui. Il viso era ormai bianco e lo sguardo vuoto.
<<No>> disse il vecchio sciamano
<<ormai la mia ora è arrivata. Non ti vedo nemmeno, ma lo
spirito del lupo è qui e mi sta chiamando al suo branco con gli
altri antenati del clan. Eyrik, ragazzo, ascoltami...>>. Il
vecchio parlava rantolando e ogni parola sembrava costargli un'enorme
fatica.
Eyrik dipserato urlò: <<No
maestro, ti portiamo fuori da queste macerie, tieni duro>>.
Afferrò la trave e cercò di sollevarla.
La mano di Vulf strinse il suo polso.
Il vecchio continuò, la sua voce era più chiara ora, anche se molto
fredda, debole e distante: <<Eyrik, fermati, risparmia le
forze. Questa bestia non si fermerà. Me lo stanno dicendo gli
spiriti. Sono così vicini a me ora. Tu devi fermarlo. Non puoi
farcela da solo. Trova Erian Hartalan. L' ho conosciuto anni fa
quando era solo poco più che un ragazzino. Era un bravo giovane e
ora è diventato un grande uomo. Ha fondato un nuovo regno a
nord-ovest, migliaia di miglia da qui. Raggiungilo e chiedi il suo
aiuto. Lui ha già affrontato il drago un tempo, e sarà dalla tua
parte>>.
Le lacrime solcavano il volto fiero di
Eyrik: <<Vulf, tu mi hai cresciuto! Non puoi lasciarmi ora!>>.
Il respiro dello sciamano si faceva sempre
più debole: << Vai ora, sei grande e hai un viaggio
lunghissimo davanti ai tuoi passi>>.
<<Vulf!!>> gridò disperato
Eyrik.
<<Promettimi che lo farai!>>
disse il vecchio.
Eyrik calmò il suo respiro. Chiuse gli
occhi arrossati. Rimase un attimo fermo, in silenzio, e poi disse:
<<Lo farò>>.
Il vecchio sorrise, rantolò, e smise
di respirare.
Eyrik lo fissò a lungo. Il tempo non
aveva più senso, e tutto ciò che lo circondava sfumava in qualcosa
di indistinto, indeterminato.
Rimase così, fino a che una mano sulla
sua spalla lo riportò alla realtà.
<<Mi dispiace>> disse
Ingvar <<era un brav'uomo. Ti ritorno le condoglianze che mi
hai fatto per Ilde>>.
Eyrik lo guardò incapace di parlare.
Ingvar gli porse la mano, aiutandolo a
rialzarsi. <<Vieni>> gli disse <<ho trovato delle
impronte che vanno verso il bosco. Forse qualcuno è riuscito a
fuggire. Forse ci sono dei sopravvissuti>>.