domenica 27 maggio 2012

Un triste ritorno a casa


Ingvar ed Eyrik arrivarono al villaggio in silenzio. Quello che videro non riuscì a scuotere il loro cuore. Si muovevano lentamente, in preda a uno strano torpore. Non riuscivano a realizzare quello che era successo. Staccarsi dalla realtà era l'unico modo per non impazzire.
Ingvar prese un sorso abbondante da una fiaschetta di sidro che trovò in terra e continuò ad avanzare entrando nel suo villaggio.
La mente chiusa in un torpore irreale, come irreale era il silenzio che li circondava. L'unico rumore presente proveniva dallo scricchiolio della brina sotto i suoi piedi. Nessun altro suono. Anche la natura pareva essere morta. Nemmeno un cinguettio tra i bassi abeti.
Crick, circk, crick. Solamente i passi scandivano il ritmo del tempo. Con gli occhi sgranati entrambi guardavano increduli i loro villaggi che sembrava essere stati investiti dalla rabbia di un vento invernale. Nel giorno di mezzaestate, una coltre gelata ricopriva tutto. Gli edifici avevano i tetti sfondati o i muri in legno divelti. Per terra il sangue si mischiava con il ghiaccio. I cadaveri erano ovunque; espressioni di terrore e disperazione sul volto avevano segnato i loro ultimi respiri.
Improvvisamente Eyrik sentì un lamento. Corse verso una casa semidistrutta e trovò il suo maestro agonizzante. Il corpo frantumato sotto il peso di una trave.
<<Vulf! Vulf! Sono io, Eyrik, coraggio, tieni duro, ora sposto questo peso. Ti tiriamo fuori di qui>>.
Il vecchio, girò la testa verso di lui. Il viso era ormai bianco e lo sguardo vuoto.
<<No>> disse il vecchio sciamano <<ormai la mia ora è arrivata. Non ti vedo nemmeno, ma lo spirito del lupo è qui e mi sta chiamando al suo branco con gli altri antenati del clan. Eyrik, ragazzo, ascoltami...>>. Il vecchio parlava rantolando e ogni parola sembrava costargli un'enorme fatica.
Eyrik dipserato urlò: <<No maestro, ti portiamo fuori da queste macerie, tieni duro>>. Afferrò la trave e cercò di sollevarla.
La mano di Vulf strinse il suo polso. Il vecchio continuò, la sua voce era più chiara ora, anche se molto fredda, debole e distante: <<Eyrik, fermati, risparmia le forze. Questa bestia non si fermerà. Me lo stanno dicendo gli spiriti. Sono così vicini a me ora. Tu devi fermarlo. Non puoi farcela da solo. Trova Erian Hartalan. L' ho conosciuto anni fa quando era solo poco più che un ragazzino. Era un bravo giovane e ora è diventato un grande uomo. Ha fondato un nuovo regno a nord-ovest, migliaia di miglia da qui. Raggiungilo e chiedi il suo aiuto. Lui ha già affrontato il drago un tempo, e sarà dalla tua parte>>.
Le lacrime solcavano il volto fiero di Eyrik: <<Vulf, tu mi hai cresciuto! Non puoi lasciarmi ora!>>.
Il respiro dello sciamano si faceva sempre più debole: << Vai ora, sei grande e hai un viaggio lunghissimo davanti ai tuoi passi>>.
<<Vulf!!>> gridò disperato Eyrik.
<<Promettimi che lo farai!>> disse il vecchio.
Eyrik calmò il suo respiro. Chiuse gli occhi arrossati. Rimase un attimo fermo, in silenzio, e poi disse: <<Lo farò>>.
Il vecchio sorrise, rantolò, e smise di respirare.
Eyrik lo fissò a lungo. Il tempo non aveva più senso, e tutto ciò che lo circondava sfumava in qualcosa di indistinto, indeterminato.
Rimase così, fino a che una mano sulla sua spalla lo riportò alla realtà.
<<Mi dispiace>> disse Ingvar <<era un brav'uomo. Ti ritorno le condoglianze che mi hai fatto per Ilde>>.
Eyrik lo guardò incapace di parlare.
Ingvar gli porse la mano, aiutandolo a rialzarsi. <<Vieni>> gli disse <<ho trovato delle impronte che vanno verso il bosco. Forse qualcuno è riuscito a fuggire. Forse ci sono dei sopravvissuti>>.